Page 8 - STORIA DI UN EX OSPEDALE DAVANTI AL MARE E DELLA SUA SPIAGGIA
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ce n’erano tre: l’Ospedale al Mare e verso gli Alberoni il S. Camillo e il Carlo Stebb. Io provenivo da Napoli; sono arrivato a Venezia dopo un viaggio di dodici ore. Non avevo mai visto una città completamente appoggiata sull’acqua. A Napoli il mare lo vedevo dalla terra ma lì c’era un confine, una separazione tra terra e acqua. Qui invece l’acqua compenetrava la città, ci si mescolava, le scorreva attraverso, si sostituiva alla terra. Ero disorientato ma poco a poco, lungo il percorso dalla stazione al Lido ho cominciato ad entrare in quel paesaggio di acqua lento e calmo. Osservavo in silenzio e lentamente ne diventavo parte. Così in questa condizione di stupore e stanchezza sono arrivato all'ospedale. Mi ricordo che sono rimasto colpito dalla bellezza e dalla cura degli spazi. L’ospedale era tutto a villette, con giardini grandi pieni di fiori, aiuole, alberi. C’erano cedri, cipressi, lecci, oleandri, pini, pioppi, platani, tigli, magnolie che oggi, dopo una bonifica del suolo non esistono più; al loro posto restano due voragini. Non sembrava un ospedale perché aveva qualcosa di molto familiare che faceva sentire a casa. Forse anche per questo è diventato parte della vita dell'isola al punto da essere definito da alcuni ex pazienti "l'album di famiglia del Lido" ed aver cambiato la vita di chi lo ha attraversato. Alcuni miei compagni di degenza che provenivano da famiglie povere, ad esempio, grazie al periodo trascorso in ospedale hanno potuto studiare cambiando il corso di un destino che per loro sembrava già deciso. Mi ricordo di Anna, una ragazza disabile ricoverata all'ospedale da bambina e che come me tornava ogni anno per cicli di cure. Qui aveva conosciuto persone che l’hanno aiutata a vivere positivamente la sua condizione come frate Leone, persone che hanno accompagnato tutta la sua vita. Molti pazienti erano lungodegenti cioè dovevano rimanere molto tempo nell’ospedale come noi malati di poliomielite ed era necessario e naturale che nascessero rapporti umani profondi, che si condividessero percorsi di vita. Per me come per Anna e per molte altre persone alcuni di questi rapporti proseguono ancora oggi dopo così tanto tempo.


































































































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